Quanto sia assurda la nostra corsa verso la meta più lontana (spesso anche al di fuori dei confini nazionali), alla ricerca di meraviglie artistiche e paradisi incontaminati da osservare, rigorosamente armati di bacchetta per i selfie, lo si comprende purtroppo in pochi e spesso, solo quando si ha la “sfortuna” di inciampare nelle altrettante meraviglie che, seppur a pochi passi da noi, rimangono quasi invisibili, coperte dal velo troppo pesante dell’esotismo e del conformismo.

Non aiutano certo, poi, i nostri sistemi di gestione dei beni culturali che dalle recenti riforme (la riforma Franceschini del 2014 e la legge Madia del 2015) sono risultati fortemente modificati a causa del radicale trasferimento di poteri dalle periferie al centro e del conferimento di maggiore rilevanza, soprattutto economica, ai grandi musei e siti d’eccellenza, a discapito del patrimonio culturale dislocato in moltissime, ma piccole realtà del territorio italiano.

Domenica, però, è avvenuto il miracolo! Invertire la rotta seguita dai più e preferire sentieri meno solcati è più facile di quanto si possa pensare.

La Certosa di Padula e le grotte di Pertosa, dopo aver vinto “di mille secoli il silenzio”, aspettavano solo che noi volgessimo lo sguardo e ci accorgessimo finalmente di loro. E lo abbiamo fatto! Pochissimi chilometri ci separano dalla certosa più grande a livello nazionale e tra le maggiori d’Europa, patrimonio UNESCO dal 1998, e da un complesso di cavità carsiche che non hanno nulla da invidiare a quelle presenti in altri luoghi più conosciuti della penisola, ma siamo sempre stati troppo ciechi per potercene rendere conto! Ebbene, quando la nebbia che offusca i nostri occhi si dilegua, lo spettacolo che ci si pone innanzi toglie il respiro.  Non servono troppe spiegazioni per capire quanta importanza avesse un monastero di tali dimensioni nel territorio circostante; già solo nell’entrare, si nota la “casa bassa” con le scuderie, i granai e i depositi per l’olio, necessari per gestire la cospicua produzione agricola derivante dai terreni dei dintorni; e poco più all’interno, troviamo la chiesa, con volte a crociera affrescate, stucchi dorati e altari marmorei, l’appartamento di lusso del priore e per finire, l’interminato chiostro e il suo scalone ellittico settecentesco in pietra di Padula, costato ben 64.000 ducati, veramente troppo per un ordine religioso che potesse contare solo sulle elemosine. Allo stesso modo, il suggestivo spettacolo creato dall’acqua nel corso di milioni di anni all’interno dei monti Alburni e che, ancora oggi, è possibile ammirare ci mostra chiaramente che non c’è bisogno di spostarsi o faticare troppo per scovare la bellezza.

A questo punto, dunque, spetta a noi decidere: seguire le politiche demagogiche e la pratica comune che ci spingono verso mete senza dubbio straordinarie, ma troppo spesso spettacolarizzate e banalizzate o, invece, allontanarci dalle strade battute dalla maggioranza, dare nuovo impulso alle periferie e spazzare via la polvere che nasconde, ormai, a quasi tutti il vero piacere della scoperta e l’autentica forza della cultura.

Emilia Moccia