Castelvetere sul Calore

I maestri di via Cortina nel XIX secolo

 

Agli inizi del secolo XIX, nel periodo dei Napoleonidi, fu compilato il “Catasto provvisorio” di Castelvetere, ripartito in sei sezioni, di cui la prima riguardava l’abitato: 40 dei 438 “soprani” (vani sovrapposti al pianterreno) e 39 dei 413 “sottani” (pianterreni) erano ubicati in via Cortina. La strada, stretta e angusta, collegava via Santo (nella seconda metà dell’Ottocento denominata via Santa Maria delle Grazie) con via San Giacomo, sulla destra, mentre a sinistra  si apriva in un largo dove era situato il Pio Ospedale.

Il nome della via e la presenza del Pio Ospedale ci richiamano alla mente l’età medievale. La parola “cortina” deriva probabilmente dal diminutivo del termine latino “curtis”, che nell’Alto Medioevo indicava l’insieme di pochi terreni e unità abitative che facevano parte del feudo. I Signori del feudo di Castelvetere appartenevano a famiglie nobili importanti, come i Gesualdo, i Filangieri, i Caracciolo, i Ludovisi e, infine, i de Beaumont. Nel Medioevo, l’Ospedale era costruito sempre al di fuori delle mura del castello per favorire anche di notte, quando le porte erano chiuse, il ricovero dei pellegrini o la partenza all’alba. Per questo motivo, a Castelvetere, non era ubicato in via Ripa, oggi via Castello.

 

 

Don Clemente Moccia – Proprio nel Pio Ospedale prestava la sua opera di insegnante Don Clemente Moccia, arciprete di Poppano. La sua non era una scuola di élite, come si rileva da un atto rogato nel 1786 dal notaio di Castelvetere, Placido Mele: alla sua presenza quattro paesani attestano che il “rev.do don Clemente Moccia”, “cittadino di Castelvetere”, “esercita l’officio di Maestro di Scuola pub.ca servendosi della publica Casa del Pio Ospitale di questa Università [Comune] ove esercita d° officio, e questo lo sappiamo noi costituiti per averlo più volte veduto, ed inteso fare scuola a più ceto di persone in detta publica Casa, o sia del Pio Ospitale”. Un insegnamento dunque il suo, gratuito, pubblico e rivolto a tutti, anche se su iniziativa privata: questi principi saranno affermati, nel Regno di Napoli, da Giuseppe Bonaparte e da Gioacchino Murat, ispirandosi a quelli propugnati dalla Rivoluzione francese. Don Clemente Moccia morì il 27 settembre del 1804: fu sepolto nella Chiesa Madre.

Don Nicola Bimonte – Figlio di Ippolito e di Caterina Perillo, nacque a Castelvetere il 19 novembre 1770. Il padre, chiamato Ippolisto, fu nominato “2° eletto” (consigliere comunale) nel 1768. Nel 1793, ancora diacono, Don Nicola fu eletto cappellano del Beneficio della SS.ma Concezione di giuspatronato della famiglia Meriano, eretto nella Chiesa Madre. Alla morte di Don Domenico Matteis, avvenuta il 17 aprile 1828, fu nominato arciprete.

Don Nicola abitava in via “Staccia”, ma nel 1816 decise di trasferirsi in via Cortina. Il 7 aprile dello stesso anno, infatti, alla presenza del notaio di Castelvetere, Luigi Moccia, firmò un contratto di permuta tra un “comprensorio di case” – tre “soprani” e un “sottano”- site in via Ripa, di fronte all’entrata della Chiesa, con l’edificio del Pio Ospedale, composto di due “soprani” e due “sottani”. Il Pio Ospedale allora era quasi “diruto e cadente”, per cui fu valutato dal perito soltanto 200 ducati; il prezzo del comprensorio di case, invece, fu calcolato in 270 ducati. Il sacerdote, però, rinunziò ai 70 ducati di differenza e li offerse in beneficenza al Pio Luogo.

Nel 1806 Giuseppe Bonaparte attuò importanti riforme, tra cui la soppressione del feudalesimo e il rinnovamento dell’amministrazione comunale; riguardo alla Scuola, ordinò ad ogni Comune di mantenere una scuola primaria, sia maschile sia femminile. Gli alunni, divisi in tre classi, dovevano frequentare tre ore al giorno le lezioni; giorni festivi erano il giovedì e la domenica. Altre vacanze venivano concesse nel periodo natalizio, in quelli di carnevale e di Pasqua, inoltre, durante l’intero mese di ottobre, quando anche i ragazzi erano occupati nei lavori campestri. Don Nicola, il primo insegnante di Castelvetere ad essere nominato in una scuola pubblica, percepiva uno stipendio annuo di 60 ducati. Con l’ascesa al trono, nel 1808, di Gioacchino Murat, l’istruzione primaria fu resa obbligatoria, per cui aumentò il numero delle scuole. Nei Comuni di terza fascia, cioè meno di 3000 abitanti, come Castelvetere, il re permise ai sacerdoti o ai parroci di insegnare, anche se privi del “brevetto”.

Alla conclusione del Congresso di Vienna, Ferdinando IV Borbone, che assunse il nome di Ferdinando I, Re del Regno delle Due Sicilie, conservò quasi tutte le innovazioni apportate dai Napoleonidi, compresa la legislazione scolastica. L’istruzione pubblica fu affidata ai vescovi, che provvedevano alla scelta dei maestri. Gli stipendi degli insegnanti furono sensibilmente ridotti: Don Nicola percepì un salario di 20 ducati annui fino al 1818 e di ducati 36 fino al 1822, quando fu destituito. Infatti, in seguito ai moti carbonari del 1820-1821, Ferdinando I impose non solo una limitazione della libertà di opinione e un controllo più severo sui libri di testo, ma anche un’accurata verifica sul comportamento degli insegnanti: 150 maestri – quasi tutti preti – furono licenziati, avendo manifestato simpatia per i cospiratori. A Castelvetere, Don Nicola fu sostituito da Don Samuele Bimonte; continuò, comunque, ad esercitare il suo ufficio di arciprete fino al 5 ottobre 1867, quando morì alla veneranda età di 97 anni.

 

 

Don Vincenzo Bimonte – Nacque il 2 gennaio 1813 da Nicasio e da Maria Rosa Follo. Dichiarato al Comune con i nomi di Nunzio Salvatore, all’atto del battesimo gli fu aggiunto un terzo nome, Vincenzo, con cui fu chiamato in seguito: secondo un’antica usanza, non era raro nominare una persona con il secondo o il terzo nome, e registrarla anche nei documenti ufficiali. Fin da piccolo ebbe modo di seguire in famiglia l’attività degli schieramenti politici, progressisti e conservatori, del paese: suo padre ricoperse la carica di sindaco nel 1810 e nel 1818, e fu nominato “eletto” nel 1815, dal 1824 al 1826, dal 1830 al 1833. Nicasio, ricco proprietario, possedeva in via Cortina una delle più grandi abitazioni, composta di sei “soprani” ed un “sottano”.

Nel 1835 Don Vincenzo fu eletto cappellano del Beneficio di San Marcello e Costantinopoli  di giuspatronato della sua stessa famiglia, eretto nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Nella settimana seguente al plebiscito del 21 ottobre 1860, il cui quesito era “Volete l’Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale e i suoi legittimi discendenti?”, precisamente nei giorni 28 e 29, a Castelvetere ci furono delle manifestazioni antisabaude. Ispiratore e promotore ne fu proprio Don Vincenzo: “Vuolsi altresì, che il sacerdote D. Vincenzo Bimonte, zio dell’Acquaroli [il sacerdote Michele, di anni 47], abbia fatto dare inizio a quella dimostrazione, la mercè dell’accensione di un sigaro, in mezzo la via cui lasciossi vedere. Che nell’abitato del prete siansi le coccarde confezionate, colla scienza colposa di lui non meno, che del padre D. Nicasio e germano D. Andrea, i quali hanno unquemai alimentati sentimenti sovversivi ed opposti al Governo del Glorioso Re Galantuomo Vittorio Emmanuele”. La notte del 30 ottobre tutti i sobillatori, tra cui  Don Vincenzo e il padre, furono arrestati. Sottoposti a giudizio con vari capi d’accusa, gli imputati, avvalendosi anche di testimoni, si proclamarono innocenti. Don Vincenzo non subì alcuna conseguenza di questo suo “atto criminoso”: il nuovo Governo non si oppose alla sua nomina d’insegnante nella scuola elementare di Castelvetere.

Alla morte del maestro Don Ippolito Bimonte, 7 giugno 1867, il Consiglio Comunale di Castelvetere propose a quello Provinciale la nomina di Don Vincenzo. La richiesta fu accolta, previo conseguimento da parte del sacerdote della “patente di idoneità”. Nel mese di agosto Don Vincenzo superò gli esami, dati in Avellino, con il punteggio di 62/90. Dovette affrontare, dopo aver superato gli esami di ammissione, ben cinque prove: 1ª Tema di Lettere; 2ª Sviluppo della trama di un racconto proposta dalla Commissione; 3ª Tema di morale e Storia sacra; 4ª Temi di aritmetica e sistema metrico; 5ª Tema di Pedagogia e Didattica. Non sappiamo quando il maestro Don Vincenzo  abbia portato a termine il suo incarico. Alla sua morte – 20 agosto 1893 – fu elogiato dall’arciprete Don Domenico Maria de Matteis: “Studiosae juventutis Praeceptor, et Verbi Dei assiduus Praedicator”.

Don Vincenzo, professore nel Seminario di Nusco, fu anche un eccellente poeta e musicista: tra l’altro, compose – versi e musica – numerosi Inni Sacri, tra cui “Del ciel la Gran Regina”, “Comparve l’aurora”, “Tutta bella sei, o Maria”. Gli Inni Sacri, cantati ancora oggi dal popolo soprattutto durante le novene e le processioni, rivestono un’indubbia importanza,  per l’originalità, per la bellezza, per il contenuto. Il sacerdote è ricordato anche per aver istituito un famoso “cenacolo culturale” presso la sua abitazione. Davanti ad essa “c’è ancora un secolare albero [di fico, circondato da] un muretto, che faceva da sgabello ai numerosi illustri ospiti, durante le giornate calde” (Livio Nargi).

Nicola Bimonte – Nacque il 9 aprile 1853 da Andrea e da Luisa Todino. Apparteneva allo stesso nucleo familiare di Don Vincenzo Bimonte, di cui era nipote. Fu il primo insegnante laico di Castelvetere: sposò Maddalena Palermo, sorella del sacerdote Don Domenico. È registrato nel Bilancio comunale del 1882: gli veniva corrisposto uno stipendio annuo di £ 500. Nel 1877, con l’entrata in vigore della Legge Coppino, la durata della scuola elementare fu portata a cinque anni, di cui i primi tre obbligatori. Per effetto di questa legge, ci fu un maggiore incremento dell’istruzione pubblica, per cui fu nominato anche un secondo maestro, Alessandro Sullo, detto “Il maestrino”. Naturalmente aumentarono gradualmente le spese per l’istruzione da parte del Comune, fino all’inizio del nuovo secolo, quando Castelvetere raggiunse 2500 abitanti. Lo stipendio annuo del maestro Nicola fu innalzato a £ 900.

 

 

Angela Acquaroli – Nel 1809, quando da un anno era asceso al trono Gioacchino Murat, a Castelvetere fu istituita anche la scuola femminile: la maestra percepiva uno stipendio annuo di 40 ducati. In nessun “Esito” comunale, però, sono riportate altre spese per l’insegnamento femminile fino al 1848, anno in cui risulta che la maestra percepiva un salario annuo di 30 ducati. Dal 1845, nei Comuni del Principato Ultra, si registrò un notevole incremento delle scuole femminili, anche per sollecitazione di molte personalità, tra cui Francesco de Sanctis. Nel certificato di servizio, redatto dall’ispettore Antonio d’Amelio, non compare il nome dell’insegnante di Castelvetere. Solo il “Conto” del 1863 riporta, per la prima volta, il nome della maestra: Angelina (Angela) Acquaroli, nata il 22 dicembre 1832 da Sebastiano e da Maria Bimonte. Ebbe la nomina il 22 febbraio 1863, con uno stipendio annuo di £ 212,50.

Ad Angela erano affidate circa 60 alunne ma, nel corso dell’anno, oltre il 50% abbandonava la scuola. Le alunne più assidue nella frequenza appartenevano al ceto benestante. Ogni anno, alla fine di agosto o agli inizi del mese di settembre, si svolgevano gli esami alla presenza della Giunta municipale, il sindaco e due assessori, del parroco e di altre autorità e notabili. Il primo giorno degli esami, Angela conduceva le sue allieve nella Chiesa di San Lorenzo, dove erano interrogate sulle materie religiose. Nel quarto e quinto giorno (i primi tre erano dedicati agli alunni), poi, gli esami proseguivano nel locale addetto alla scuola femminile, preso in fitto da Antonio Orecchia per £ 34. Oltre che sulle materie letterarie e scientifiche, le alunne venivano valutate, da una Commissione di ispettrici nominata dal Comune, sui loro lavori: calze, croscè, lavori a maglia, di ago, camicie e ricamo.

La maestra Acquaroli era ancora in servizio nel mese di luglio 1876, quando, per non aver percepito per tre anni lo stipendio, presentò un reclamo al sottoprefetto di Sant’Angelo dei Lombardi, che lo accolse e trasmise al Consiglio Provinciale Scolastico. In esso espose la sua drammatica situazione economica: “minacciata dai suoi creditori l’anno scorso si vide nella necessità di vendere un picciolo podere, il solo che possedeva […] quel Municipio abusa del suo potere”. Non conosciamo l’anno in cui sia andata in pensione, forse nel 1882, ma solo quello della morte: 22 dicembre 1921.

Teresa Orecchia – Nacque il primo novembre 1858 da Antonio e Angela Acquaroli, l’insegnante appunto cui succedette nel 1882. Percepiva uno stipendio iniziale annuo di £ 500. Il locale destinato alla sezione femminile fu concesso in affitto da Arcangelo Martucci, £ 40, e poi dal barone Michele de Beaumont per £ 37. Nel 1902 fu assunta, come bidella, Grazia Minichino. Pasquale Nargi provvedeva ai carboni per il riscaldamento, il ramaio Marcello Soccorso ai bracieri, i falegnami Vincenzo Violano e Nicasio Sullo all’accomodo dei banchi, Vincenzo Corrado alla fornitura di “lastre”. La maestra Teresa, però, non poté purtroppo godere di questi benefici e dell’aumento dello stipendio a £ 720: il 7 luglio dello stesso anno 1902 fu colpita da prematura morte, all’età di 44 anni.

 

Gli insegnanti della scuola elementare di via Cortina del secolo XIX appartenevano quasi tutti ad uno stesso nucleo familiare. Inoltre, le sedi destinate all’istruzione erano ubicate nei pressi dell’antica piazza, “’a chiazza”. Nel secolo successivo le scuole passarono alle dipendenze dello Stato e gli insegnanti erano reclutati tramite concorso. A Castelvetere le sedi scolastiche furono trasferite in vari posti del paese: corso Umberto I, via Roma. Solo dopo la metà del secolo fu costruito l’edificio scolastico, che permise di eliminare “il disagio dei ragazzi, dovuto alla mancanza di un ambiente che infondesse in loro il senso sano e cordiale della vita sociale, con l’allegria degli incontri tra bambini di anni e classi diverse” (dal “Discorso di inaugurazione” del sindaco Clorindo Sullo).

Giovanni Sullo